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VENEZIA 80. ALL’ITALIA GARRONE IL LEONE D’ARGENTO

2023

VENEZIA 80. ALL’ITALIA GARRONE IL LEONE D’ARGENTO  di Daniela d’Isa

Alla fine l’odissea dei migranti alla volta di un (spesso impossibile) benessere in Europa ha convinto i giurati e MATTEO GARRONE, alla sua prima prova alla Mostra, ha conquistato il secondo premio per importanza, il Leone d’Argento alla regia con IO CAPITANO.
Accolto con dodici minuti di applausi in Sala Grande di Venezia 80, IO CAPITANO, il nuovo film di MATTEO GARRONE, è incentrato sul tema dell’immigrazione e racconta, appunto, l’odissea di due giovani. Il regista ha scelto con cura i suoi due protagonisti proprio in Africa: SEYDOU SARR e MOUSTAPHA FALL vivono tutt’ora a Fregene a casa della mamma del regista. Per le due ore del film (che è già nelle sale) da Dakar all’Europa vediamo i due subire le insidie del deserto, gli orrori della detenzione in Libia e i terribili pericoli del mare. Tutto sperando di arrivare in un Paese ricco di un benessere che si rivelerà inesistente. Purtroppo va registrato che “Io capitano” già nelle sale italiane, non sta andando molto bene, forse il Leone lo aiuterà.
Ma, occupandoci dei film italiani presentati all’ottantesima edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, esaminiamoli in ordine di presentazione.
Al primo dei sei film italiani in concorso è stato dato proprio l’onore dell’apertura, COMANDANTE di  EDOARDO DE ANGELIS, protagonista  la nostra (forse) unica star, PIERFRANCESCO FAVINO. La sceneggiatura è scritta da SANDRO VERONESI e dallo stesso regista.
“Comandante” racconta la storia vera del Comandante Salvatore Todaro (nato a Messina nel 1908) leggendario eroe dei mari. Todaro, alla guida del sommergibile Cappellini della Regia Marina, nell’ottobre del 1940 affonda un mercantile belga col quale stava battagliando. Dopo di che, prende una decisione storica: salvare i 26 naufraghi belgi dall’annegamento. Perché questo dice la legge del mare. Il film, molto applaudito, è stato tuttavia giudicato da alcuni come retorico, quasi riecheggiante un certo ideale “fascistoide”.  Ci ha pensato Favino, il nostro fantastico Picchio, a mettere fine a tutte queste accuse: “Aiutare chi è in difficoltà, questo significa essere italiani e la mia famiglia questo mi ha insegnato fin da piccolo”. Non mancano accenni alle tragedie dei migranti. Indicativa questa frase che è impossibile non condividere “In mare siamo tutti alla stessa distanza da Dio. La differenza la fa la mano che ti salva la vita”.
Prodotto da Indigo e Rai Cinema, il film sarà nelle sale il 1° novembre.
FINALMENTE L’ALBA ha segnato a Venezia il grande ritorno di  SAVERIO COSTANZO. Dedicato al suo papà Maurizio, scomparso a 85 anni in febbraio, il film che il quarantasettenne Saverio ha scritto e diretto, si svolge in una sola notte nella Cinecittà degli Anni Cinquanta, è ambientato nel mondo dello spettacolo ed evoca anche la triste storia di Wilma Montesi, una attrice di poco conto che venne trovata morta nella spiaggia di Capocotta nel 1953, la cui morte coinvolse un noto musicista figlio di un importante uomo politico dell’epoca. “Finalmente l’alba” uscirà nelle sale il 14 dicembre. Nel cast anche WILLEM DAFOE e la compagna di Saverio, l’attrice ALBA ROHRWACHER.
ADAGIO, di STEFANO SOLLIMA, ha portato al Lido un quartetto d’eccezione: PIERFRANCESCO FAVINO (col suo secondo film in concorso), TONI SERVILLO, VALERIO MASTANDREA e ADRIANO GIANNINI. Ancora una storia girata a Roma, una Roma criminale, con ex componenti della tristemente famosa banda della Magliana e poliziotti corrotti. Anche Sollima arriva in sala il 14 dicembre.
Con ENEA è arrivata a Venezia l’intera famiglia Castellitto. E c’è chi scommette che a breve il secondo e nuovo film del trentunenne primogenito PIETRO CASTELLITTO sarà un cult. Il film è la storia di due amici scapestrati, in una capitale ancora una volta corrotta, che non si fanno mancare neppure esperienze di spaccio. Enea (Pietro) gestisce un ristorante di sushi a Roma nord, per l’esattezza quartiere Parioli. Enea, manco a dirlo, appartiene ad una famiglia agiata, il padre è uno psichiatra (per il ruolo Pietro ha voluto il suo vero padre, il settantunenne SERGIO CASTELLITTO), la madre una giornalista insoddisfatta (CHIARA NOSCHESE), il fratello pieno di complessi (anche qui Pietro ha diretto il vero fratello CESARE CASTELLITTO, alla sua prima prova d’attore). Come (quasi) tutti i film presenti a VENEZIA 80 il film raggiunge le due ore (ma perché sfinire gli spettatori?) e ancora non si sa quando uscirà in sala.
LUBO è stato  l’ultimo dei sei film italiani in concorso e il suo regista, il bolognese GIORGIO DIRITTI ha voluto raccontare(anche qui in 181 minuti) la storia di Lubo, un nomade artista di strada, che nel 1939 viene chiamato nell’esercito elvetico a difendere i confini nazionali dal rischio di una invasione tedesca. Nel frattempo però la moglie muore nel tentativo di evitare ai gendarmi di toglierle i loro tre figli che, in quanto jenish (così sono chiamati i nomadi presenti in molti Paesi europei, comunemente e in maniera dispregiativa chiamati “zingari bianchi”) erano strappati alla famiglia per avere una “rieducazione” che li togliesse dalla strada. A questo punto “Lubo” diventa un film di vendetta perché il protagonista vivrà nella speranza di ritrovare i suoi figli e di regolare i conti con chi glieli ha sottratti. Dal 9 novembre al cinema.
Il Leone d’Oro quest’anno è andato a POVERE CREATURE diretto dal regista greco TORGOS LANTHIMOS, nelle sale italiane dal 25 gennaio 2024. Racconta l’incredibile storia di Bella Baxter (EMMA STONE), una giovane donna riportata in vita dal brillante e poco ortodosso scienziato Godwin Baxter (WILLEM DAFOE)
Non possiamo non ricordare ad inizio mostra il coraggioso discorso di una grintosa, novantenne LILIANA CAVANI che al ricevimento del suo Leone d’Oro alla Carriera ha denunciato come fosse la prima donna a riceverlo in tanti anni. Accanto a lei commossa l’interprete del“Portiere di notte” (1974), il suo film più famoso, CHARLOTTE RAMPLING (77 anni).
E infine tanto scalpore ha fatto l’uscita di Pierfrancesco Favino contro l’abitudine del cinema straniero a far interpretare ruoli di italiani ad attori che italiani non lo sono affatto: “Sapevate che i Gucci (alludendo al film di Ridley Scott “The House of Gucci”) avevano l’accento del New Jersey?” ha detto Favino. La sua uscita era riferita in particolare alla scelta di MICHAEL MANN di affidare il ruolo di FERRARI (il film è stato presentato a Venezia e uscirà nelle sale italiane il 30 novembre) all’attore statunitense ADAM DRIVER. E voi, amici di Good in Italy, pensate sia un’appropriazione culturale come ha detto Favino o siete dalla parte di coloro che affermano la libertà dei registi di scegliere l’attore che trovano più internazionale per il loro film? Io sto con Favino.
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