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DA JERASH A PETRA di Loredana Gelli
Date: 08/02/2019
CULTURA | SPETTACOLO
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DA JERASH A PETRA  di Loredana Gelli

I siti storici di Jerash e di Petra, rispettivamente a nord e a sud della Giordania, ci portano indietro nel tempo, sulle orme dei popoli carovanieri,  dei fasti dell’architettura romana, delle grandi figure bibliche e dei protagonisti dei primi anni dell’Islam in un affascinante racconto inciso nella roccia che ci lascia senza fiato,  dove est ed ovest, vecchio e nuovo si fondono tra loro.
Jerash, la Pompei d’Oriente.
Jerash, l’antica Gerasa è senza dubbio la città greco-romana più completa e meglio conservata di tutto il Medio Oriente. A cinquanta chilometri a nord della capitale giordana Amman, Jerash sorge sul fiume Wadi

Jerash. Nella Bibbia è chiamata “la regione dei Geraseni”. La strada colonnata dell’antico cardo (circa 800 metri), spina dorsale architettonica e punto centrale di Jerash,  è ancora pavimentata di pietre originali. Fu durante il periodo ellenico del III sec. a. C. che divenne un centro urbano e membro della federazione militare e commerciale delle dieci città che formavano la Decapoli, nella quale erano comprese, appunto, Philadelphia (Amman) e Gerasa (Jerash). La prestigiosa posizione che occupava sulla strada dell’incenso e delle spezie che andava dalla penisola araba alla Siria e al Mediterraneo, la fece diventare prosperosa e appetibile. Nel 106 d.C. Jerash fu annessa alla capitale dei Nabatei, Petra. Nel 130 d. C. divenne la città favorita dell’Imperatore Adriano a cui è dedicato l’arco di trionfo (largo 37 metri alto 12) attraverso cui si passa prima di accedere al sito archeologico. In questo periodo diventò un polo culturale ed economico ancora più prestigioso. Favorevole fu anche il periodo sotto l’imperatore bizantino Giustiniano (527-565 d.C.) e l’avvento del cristianesimo. Fu conquistata dai musulmani (635) e nell’VIII secolo alcuni terremoti la danneggiarono seriamente. La città abbandonata fu nuovamente popolata dai circassi chiamati da Abd el Hamid, sultano ottomano.  Il colpo di grazia arrivò con Baldovino II di Gerusalemme (1121) che la rase al suolo. Altri sconvolgimenti naturali e sociali contribuirono a devastare l'area. Le rovine furono scoperte dal tedesco Ulrich Jasper Seetzen nel 1806. All’interno del complesso archeologico si possono ammirare piazze, templi, marciapiedi lastricati e quindici chiese bizantine. L’impressionante Cardo Maximus si interseca con il Decumano Maximus, l'altra strada principale. All'altezza di quest'incrocio si trova il teatro settentrionale, ampliato nel 235, che poteva raggiungere una capienza di 16.000 spettatori. Il teatro meridionale, invece, venne costruito dall'imperatore Domiziano nel I secolo. Era il maggiore dei tre presenti a Jerash. La sua cavea, divisa in 32 file di posti, riporta ancora visibili le numerazioni in lingua greca. La sua disposizione verso nord evitava che gli spettatori fossero abbagliati dal sole. Il suono delle cornamuse scozzesi, che sottolineano l’incredibile acustica, rendono l’atmosfera particolarmente surreale. L'ippodromo, invece, costruzione lunga 125 metri e larga 52, poteva ospitare circa 15.000 spettatori. Vi si svolgevano principalmente corse di cavalli ma anche gare di atletica. La porta monumentale finemente scolpita con decorazioni a bassorilievo è quella che oggi si chiama “La Cattedrale” visibile subito dopo il Cardo Maximus. Nel II secolo era un tempio romano dedicato a Dionisio costruito su un precedente tempio nabateo del I secolo dedicato al dio del vino Dhushara. Se pensiamo a questo particolare in relazione a quando, nel IV secolo, l’edificio fu ricostruito come chiesa bizantina, ci spieghiamo perché, proprio qui, dall’atrio della cattedrale, si accede ad un cortile con una fontana dove i bizantini, una volta all’anno, celebravano la ricorrenza delle nozze di Cana di Galilea dove Cristo, secondo il racconto dei suoi discepoli, trasformò l’acqua in vino. Uno dei monumenti più affascinanti è il foro ovale, una bellissima piazza risalente al I secolo racchiusa in un colonnato formato da 56 colonne in stile ionico (ricostruite) che misura 90x80 metri. Non se ne conosce l’originario utilizzo ma si ipotizza che, data la sua posizione davanti al tempio di Zeus fosse un’area sacra o zona di culto. Molti, invece, ritengono che fosse semplicemente un mercato.
Anche se il primo insediamento fu fondato dai greci all’epoca di Alessandro Magno (333 a. C.), come abbiamo visto Jerash è una creazione sostanzialmente romana. Ne sono testimonianza i templi, come quello di Artemide (Diana per i latini) del quale restano visibili solo 11 delle 12 colonne originali, tutte alte 13 metri. Artemide, figlia di Zeus e sorella di Apollo, era la dea della caccia e della fertilità ma era anche considerata sovrana della natura e della Terra e protettrice della città. Alcune guide infilando piccoli coltelli o cucchiai nel punto di appoggio delle colonne, fanno notare come queste oscillino visibilmente, ingegnoso sistema antisismico.
PETRA, la straordinaria necropoli nabatea dall’architettura unica al mondo. Interamente scavato nella roccia, il sito è patrimonio dell’Unesco e una delle otto meraviglie del mondo antico.
E’ stata scoperta nell’agosto del 1812 da Johann Ludwig Burckhardt esploratore e orientalista svizzero, noto anche con il nome francese di Jean Louis e con quello inglese di John Lewis.
In tutto sono stati classificati circa 800 monumenti di cui 500 tombe.
Fu abitata dai Nabatei, Edomiti e dai Romani. L’Imperatore Adriano , nei suoi viaggi in Oriente, tra gli anni 128 - 131 d.C., si spinse fin qui e, in suo onore, la chiamò Adriano Petra.
A Petra, al tempo di Gesù e degli apostoli, facevano sosta le carovane dei commercianti di seta. I Nabatei, infatti, usarono la Strada dei Re, la più antica via di comunicazione al mondo ancora in uso, come rotta commerciale per l’incenso e le spezie che arrivavano dal sud della Penisola Araba. I romani la ribattezzarono Via Nova Traiana e la utilizzarono per il trasporto delle truppe. E’ oggi meta di pellegrinaggio sia per i cristiani che per i musulmani. Abramo, patriarca della religione ebraica, cristiana e musulmana, nel suo viaggio dalla Mesopotamia verso Canaan, attraversò la Giordania molto probabilmente su questa strada. Se ne fa menzione nella Genesi, in particolare quando si narra di Mosè e dell’esodo del popolo israelita attraverso la Giordania Meridionale. A Petra, si pensa, sostarono i tre Re Magi prima di portare l’incenso, l’oro e la mirra a Gesù Bambino a Betlemme ed è un re nabateo, Aretas, che viene citato nella Lettera ai Corinzi.
Petra fu annessa a Roma nel 106 d.C. e nel IV secolo fu cristianizzata. I musulmani  se ne impossessarono più tardi nel VII sec. e ci fu un periodo, nel XII sec., in cui governarono, seppur brevemente, anche  i crociati. Il sito rimase sconosciuto fino al 1812 quando fu scoperto da J.L. Burckardt.
Percorrendo il Ba el-Siq, un’ampia vallata dove sono già visibili incisioni e sculture dei nabatei, come la tomba degli obelischi che vi mostro nel video, si entra nel Siq vero e proprio. E, qui, si rimane davvero senza fiato. E’una sorta di canyon dove, a tratti si scorgono le pavimentazioni realizzate nel I sec. d. C. dai nabatei, varie nicchie votive e resti di santuari e canali d’acqua scavati nella roccia. Il sentiero si accende piano piano  di sfumature rosa-giallo e marrone-grigio-nero mentre ai lati della valle si scorgono scalini scavati nella roccia che sembrano portare a misteriosi templi fantasma. Le rocce sono magnifiche sculture naturali alcune delle quali ricordano enormi pesci o profili umani. Di tanto in tanto s’incontrano anziani beduini  o abitanti del Wadu Musa con il compito di tenere pulita la stretta gola dopo il passaggio degli asini o dei cammellieri che trasportano i turisti più avventurosi o pigri. Bambini e bambine beduine allestiscono, soprattutto vicino le Tombe Reali, piccoli mercatini con oggetti artigianali o bottiglie piene di sabbia colorata. I loro occhi e i loro sorrisi sono difficili da dimenticare.
Camminando ancora un po’ lungo il Siq si arriva allo scorcio più spettacolare: il Tesoro o Khazneh.  La facciata è caratterizzata da alcune statue, dai simboli delle aquile, divinità maschili per i nabatei e dai segni lasciati dalle pallottole dei beduini che credevano che, nell’urna superiore, vi fosse contenuto un tesoro. Questo e gli altri monumenti di Petra sono di difficile datazione e classificazione per i diversi stili utilizzati dagli architetti nabatei. Lasciandoci il Tesoro alle spalle si arriva alla Valle delle Facciate, un percorso dove le tombe reali si susseguono una dietro l’altra, tutte costruite su più livelli e abbellite da fregi. La prima è la tomba dell’Urna che racchiude uno spettacolare soffitto cromatico, così chiamata per una piccola urna scolpita nella parte alta. Nel 447 d. C. fu trasformata in una chiesa. Altrettanto suggestiva è la Tomba di Seta. Le sue striature modulate dall’erosione del  vento ricordano, appunto, la morbidezza della seta. La Tomba del Palazzo è la più grande, forse ispirata alle prestigiose domus romane come quella di Nerone.  
Da qui il Siq si apre su di un’ampia spianata, su un sentiero dove sono presenti le rovine dell’antica città,  i resti di una basilica bizantina, la Chiesa di Petra, dove sono state trovate 135 pergamene che raccontano la vita quotidiana della città e il Grande Tempio recinto da un colonnato e pavimentato con pietre esagonali accessibile salendo alcuni larghi gradini. Resti del cardo romano testimoniano il periodo in cui Petra fu annessa a Roma. Piuttosto impegnativo è raggiungere il Monastero o Al-Deir, uno straordinario edificio di 45 metri di larghezza e 50 di altezza che ricompensa la fatica dei quasi 800 gradini che occorre salire. Siamo di fronte ad tomba ma anche ad un tempio e luogo di culto per i cristiani che arrivavano qui dopo il loro pellegrinaggio in Terra Santa. Forse il nome fu dato proprio nel IV secolo quando, nelle grotte circostanti, c’era già la presenza dei cristiani bizantini. Da questo punto si può godere di una vista impressionante e magica sulla Wadi Araba, la valle araba.

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